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Come la droga alimenta le mafie

Written by Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento svolto all'incontro organizzato dal Circolo PD I Cento Passi di Bologna (video).

Credo che questo sia un momento importante per il Circolo PD I Cento Passi ma credo che sia anche un momento importante per il PD in generale. La scelta di dedicare un circolo del PD a Peppino Impastato è la scelta di fare della lotta alla mafia una questione centrale e una priorità. È anche la scelta di tenere viva la questione della lotta alla mafia in una fase in cui, su questo tema, l’opinione pubblica è spesso distratta perché le mafie e in particolare la ‘ndrangheta in questi anni hanno fatto la scelta precisa di tenere un basso profilo, di sparare il meno possibile, di non allarmare la popolazione e ci sono riusciti benissimo.
Nonostante le inchieste che si sono ripetute e proseguono, perché il nostro Stato si è attrezzato per la lotta alla mafia sia dal punto di vista normativo che delle capacità delle forze dell’ordine e dell’organizzazione della Direzione Nazionale Antimafia, infatti, il nostro Paese sottovaluta il problema.
C’è stata una grande sensibilità e una grande attenzione che ha portato a una utile mobilitazione nella fase delle stragi, in cui le mafie sono state più violente.
Oggi, invece, si sottovaluta il pericolo mafioso perché non li vediamo. Ci preoccupano di più i reati di strada perché le persone si sentono più esposte, mentre si trascura la pericolosità delle mafie.
L’inchiesta Aemilia, così come quelle che hanno riguardato la Lombardia, il Piemonte, il Veneto mostrano che le mafie e in particolare la ‘ndrangheta, in questi anni, hanno fatto la scelta di aggredire l’economia legale, investendo lì i soldi e i proventi derivati dai traffici illeciti, soprattutto dal traffico di droga.
L’inchiesta Aemilia fa vedere questo.
Oggi questo pericolo diventa ancora più stringente perché è nei momenti di crisi che le mafie, proponendosi per offrire servizi alle imprese (finanziari, di recupero crediti, ecc.) provano a entrare in rapporto con le imprese fino a prendersele, così come con gli esercizi commerciali.
Questa è una fase in cui c’è bisogno di una grande attenzione perché i soldi del PNRR attraggono le mafie.
Tutto questo non si vede ma necessità di grande attenzione e grande consapevolezza del fatto che le mafie ci sono.
Appare meno pericolosa la mafia che penetra l’economia legale, che si compra i negozi che stanno fallendo o che entra nei Consigli di Amministrazione di qualche impresa ma non è così.
La mafia oggi aggredisce l’economia legale perché ha ingenti proventi derivati dal traffico di droga, che continua a gestire, anche se può delegare il piccolo spaccio a organizzazioni criminali spesso straniere.
La ‘ndrangheta è una delle organizzazioni criminali più grandi del mondo: è presente in oltre 30 Paesi (compresi Australia, Canada, Stati Uniti) e ha rapporti fortissimi con le organizzazioni di narcotrafficanti che, soprattutto in Sud America, condizionano in maniera pesantissima la democrazia di quei Paesi. I governi del Messico o di altri Paesi sudamericani sono molto condizionati dalla criminalità organizzata. Dai numeri degli omicidi e dei sequestri in quei Paesi si capisce che le mafie sono pericolose.
Alla ‘ndrangheta è sufficiente alzare il telefono per ottenere droga, non necessita di fideiussioni o altre garanzie, perché ha rapporti tali con le altre organizzazioni del narcotraffico che può avere tutte le quantità di droga che vuole.
Questo aspetto va tenuto in considerazione e ci serve per capire come la dimensione della lotta alle mafie non può non essere internazionale.
Chi ha interpretato meglio di tutti la globalizzazione sono state le mafie: hanno costruito una holding mondiale molto potente, sfruttando anche il fatto che le legislazioni non sono uguali in tutto il mondo.
Nel nostro Paese, negli Stati Uniti e in Europa c’è molta attenzione a verificare la provenienza dei capitali esteri e a seguire i soldi per capire da dove provengono, come diceva Falcone.
Ci sono, invece, altri Paesi in cui tutta questa attenzione non c’è e, anzi, sono quasi ben accolti i capitali. La Banca del Canada, ad esempio, ha una filiale alle Isole Cayman e si può andare indisturbati ad aprire un conto corrente e metterci i soldi per poi ritirarli alla filiale di Toronto e investirli, senza che nessuno controlli.
Anche alcuni Paesi europei fanno ancora troppo poco per impedire questo meccanismo.
Tutto questo parte dalla droga.
Dobbiamo avere la dimensione di tutto ciò e dobbiamo sapere che il basso allarme sociale è un problema. Bisogna, quindi, moltiplicare le iniziative non solo per dire che c’è la mafia ma anche per spiegare che la mafia, anche se non spara, è molto pericolosa, anche perché con i soldi che arrivano dal traffico di droga si inquina l’economia legale del Paese.
Una democrazia, la cui economia è così pesantemente infiltrata da fondi di provenienza illecita e quindi da criminali che vi investono, è una democrazia in pericolo.
Questo è un tema su cui occorre fare grande attenzione e fare una grande opera di sensibilizzazione.

Video del primo intervento» 

Penso che la legalizzazione delle droghe leggere resti un tema aperto.
Non ci sono, però, dimostrazioni del fatto che la legalizzazione delle droghe leggere possa uccidere le mafie: l’Olanda è uno dei luoghi in cui le mafie si sono insediate di più. Penso che la legalizzazione delle droghe leggere abbia un valore dal punto di vista della riduzione del danno, della salvaguardia della salute, dell’attenzione alla qualità delle sostanze.
Non sono convintissimo del fatto che la legalizzazione possa risolvere il problema del contrasto alla criminalità, anche perché vengono prodotte nuove droghe continuamente.
Penso che la legalizzazione possa aiutare dal punto di vista della salute.
Ci sono comunque teorie diverse anche basate su diverse esperienze nel mondo.
È un terreno aperto, per cui inviterei ad avere meno certezze e a guardare anche alle sperimentazioni che si sono fatte per capire i pro e i contro.

Le mafie straniere ci sono nel nostro Paese. Negli ultimi anni, in particolare, stiamo registrando una crescita significativa della presenza della mafia albanese e nigeriana e in parte cinese.
Queste mafie sui territori difficilmente vengono tollerate dalle mafie locali nel momento in cui invadono il campo ma è più frequente che si facciano accordi e scambi di favori: la tolleranza c’è in cambio di guadagni.
La mafia nigeriana che gestisce il racket della prostituzione sul territorio, può essere utile alle mafie locali se quello diventa un osservatorio che consente loro di controllare un pezzo del territorio.
Le mafie locali non vivono le mafie straniere come un problema quando si crea un rapporto.
Sempre nell’ottica per cui le mafie locali non vogliono farsi vedere troppo, non bisogna sparare, non vogliono suscitare attenzione nella popolazione, non bisogna usare la violenza, tendono a trovare punti di accordo con le mafie straniere.

Le mafie hanno un rapporto con la politica per molti versi diverso rispetto al passato.
Abbiamo vissuto la stagione in cui le mafie si arricchivano grazie agli appalti pubblici che venivano garantiti da un rapporto quasi simbiotico con la politica su alcuni territori.
Oggi non è proprio così, le mafie preferiscono entrare nei Consigli Comunali e nelle amministrazioni perché hanno bisogno di avere punti di riferimento per facilitare un cambio di destinazione d’uso o accelerare qualche operazione urbanistica. L’ottica adesso non è quella di cercare i soldi degli appalti, soprattutto al Nord, ma avere punti di riferimento nell’amministrazione comunale che consentano di accelerare delle cose. C’è, quindi, il voto di scambio, inteso come voto in cambio di garanzie di essere a disposizione per fare alcune cose. Al Sud questo è molto più significativo.
C’è anche l’attenzione delle mafie ad inserirsi in alcuni settori decisivi per il consenso sociale, anche al Nord. Avere qualcuno che risponde alla ‘ndrangheta nell’assessorato ai servizi sociali è utile per decidere a chi vanno i sussidi per la povertà. Sono molti i Comuni in cui abbiamo visto succedere cose di questo tipo.
Non è un mistero che le mafie - e in particolare la ‘ndrangheta - si occupino di sanità perché un operatore sanitario ha uno status che dà legittimazione e quindi può allargare il consenso, diventando persone di riferimento.
Il rapporto con la politica, quindi, è cambiato ed è un po’ più scientifico e strutturato.
Padrini politici, oggi non credo che ce ne siano. Ci sono figure politiche importanti, soprattutto al Sud, coinvolte in processi che stanno arrivando in fondo, in cui l’accusa sostiene che avevano un rapporto organico con la criminalità organizzata ma non sono padrini politici in quanto la mafia ha una dimensione tale per cui non ha bisogno di padrini politici.
I politici possono servire alle mafie ma comunque le mafie non hanno bisogno di padrini politici perché hanno una forza e una capacità di insediamento sui territori e nell’economia per cui può far comodo avere dei riferimenti politici per far le cose un po’ meglio e un po’ più in fretta.
Le mafie cercano ancora di condizionare i processi decisionali rispetto ad alcune normative antimafia.
C’è una politica che legge la sicurezza parlando alla pancia delle persone e quindi guardando al contrasto al tossico, all’immigrato, al borseggiatore e si accanisce su questi soggetti e trascura i ragionamenti sulla pericolosità delle mafie. Quella politica un po’ aiuta inconsapevolmente le mafie perché preferisce fare la propaganda piuttosto che combattere concretamente le mafie.
Chi dice che, siccome abbiamo bisogno di accelerare le opere, per farlo bisogna abbassare le regole e le tutele di legalità per fare più in fretta rischia di fare un favore all’illegalità e alla corruzione.
La politica deve fare della lotta alle mafie una priorità. Non tutti lo fanno e non sempre lo facciamo.

La questione delle carceri è molto complicata.
Il carcere è un posto dove o riusciamo ad applicare la Costituzione oppure diventa un generatore di violenza e criminalità e le mafie lì dentro non possono far altro che crescere.
Bisogna trasformare il carcere per farlo diventare un luogo in cui ci stanno solo quelli che meritano di starci. C’è troppa gente in carcere che ha pene di un anno da scontare per piccoli reati: bisogna, quindi, ragionare sulle pene alternative e stiamo provando a farlo.
Se il carcere diventa un luogo in cui si svolgono dei trattamenti e le persone crescono ha un senso, se invece resta come adesso è un problema e può diventare un luogo in cui le mafie rischiano di crescere.

Video del secondo intervento» 

Video della diretta» 

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