A proposito dell’intervista di Veltroni ad Occhetto
Intervento di Alessandro Del Corno.
Ho sempre ritenuto Achille Occhetto, ultimo segretario del PCI, una figura politica che incrociando un passaggio ineludibile della Storia, cioè, la caduta del Muro di Berlino, ebbe un grande coraggio ed in Italia, non era affatto scontato, archiviando, la specificità del comunismo italiano e trasformandolo in PDS.
Detto ciò, ho sempre ritenuto altresì che appunto per il suo passato da Dirigente di primo piano del PCI, fino ad esserne diventato Segretario, dopo le dimissioni di Natta (grande latinista), già nei primi anni novanta, era un leader usurato dal tempo, per un partito che, si proponeva definitivamente, di passare dalla logica dell’opposizione e di proporsi come forza di governo, ma forse per fare ciò, bisognava avere ancora più coraggio di quello che ebbe Occhetto, nel fare i conti con la propria storia.
Nell’intervista, Occhetto, ricorda giustamente che i moti del 1989 e degli anni seguenti nei Paesi dell’Est, imponevano, una profonda riforma di tutti i partiti anche in Italia, dimenticandosi però di dire che, il primo che fece tale analisi, fu l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, anche con un pressante messaggio alle Camere, avvenuto purtroppo in un contesto di partecipazione minima dei parlamentari e nel quale, si richiedeva a tutti i partiti, di costruire un nuovo Parto repubblicano.
Il PDS, fu uno dei partiti più conservatori in tale ambito.
Nell’intervista, Occhetto, sostiene poi che la mancata alleanza tra il suo partito ed il PSI di Craxi, dipese dal fatto che lo stesso Craxi, non poté seguire quella politica, perché sarebbe stato sfiduciato dai suoi.
Non credo, piuttosto Craxi, prima del diluvio di Tangentipoli, ritenne sempre ed a mio modo di vedere, giustamente che, collocare il PSI, alleato al nascituro PDS, contro la Democrazia Cristiana, avrebbe significato, condannare il suo partito, all’alternativa della sconfitta.
Insomma, non voleva ripetere, seppur in tempi aggiornati, il tragico errore politico che commise Nenni nel 1948.
Un conto, era la maggioranza della sinistra in generale, laica e radicale sulle battaglie civili e che videro le sconfitte della Dc ed un conto, erano le elezioni politiche.
Tutta un’altra storia!
Per ultimo, Occhetto, ricorda ancora che nel 1994, provo’ a stringere un’alleanza al primo turno con i Popolari di Martinazzoli, ma lo stesso disse di No, in quanto, non poteva portare tutta a sinistra, di ciò che era rimasto della vecchia Dc.
Può darsi, ma l’errore, analogo a quello del 1948, fu quello di cullarsi, dopo le entusiasmanti vittorie amministrative del 1993, di un’ autosufficienza che in Italia, la sinistra, storicamente, non ha mai avuto.
Insomma, era cambiato il mondo, ma in Italia gli elettori, non erano cambiati e videro in Berlusconi, il nuovo leader, in grado di saldare, attraverso il fascino mediatico e populista, la vecchia politica, rinnovando le corde profonde dell’anticomunismo, con le aspettative di profondo cambiamento.
Certo, in quel passaggio, chi disse qualche anno prima, anche in modo irriverente che il pianto di Occhetto all’ultimo Congresso del PCI, ne presagiva altri per la sinistra italiana, sembrava aver azzeccato appieno la profezia.
Ma quella profezia, si avverò solo in parte, la sinistra, seppur con dei limiti congiunturali e strutturali che per certi versi, ancora permangono, si risollevo’ da quella sconfitta del 1994, facendo tesoro di quella sconfitta, giungendo così, a formule politiche che, si rivelarono in parte vincenti e che, saldavano appunto la sinistra tradizionale, con culture diverse e moderate, soprattutto di matrice cattolica.
Non dimenticando poi che tale successiva evoluzione, porto’ per la prima volta alla guida di Palazzo Chigi ed al Quirinale, 2 ex comunisti, cioè D’Alema e Napolitano.
Se ciò è potuto accadere, un pizzico di merito, va riconosciuto comunque ad Occhetto che, nell’ora più buia, con i suoi limiti strutturali, ebbe il coraggio di non restare fermo, ma provare ad oltrepassare il “ Rubicone della Storia”.
Ho sempre ritenuto Achille Occhetto, ultimo segretario del PCI, una figura politica che incrociando un passaggio ineludibile della Storia, cioè, la caduta del Muro di Berlino, ebbe un grande coraggio ed in Italia, non era affatto scontato, archiviando, la specificità del comunismo italiano e trasformandolo in PDS.
Detto ciò, ho sempre ritenuto altresì che appunto per il suo passato da Dirigente di primo piano del PCI, fino ad esserne diventato Segretario, dopo le dimissioni di Natta (grande latinista), già nei primi anni novanta, era un leader usurato dal tempo, per un partito che, si proponeva definitivamente, di passare dalla logica dell’opposizione e di proporsi come forza di governo, ma forse per fare ciò, bisognava avere ancora più coraggio di quello che ebbe Occhetto, nel fare i conti con la propria storia.
Nell’intervista, Occhetto, ricorda giustamente che i moti del 1989 e degli anni seguenti nei Paesi dell’Est, imponevano, una profonda riforma di tutti i partiti anche in Italia, dimenticandosi però di dire che, il primo che fece tale analisi, fu l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, anche con un pressante messaggio alle Camere, avvenuto purtroppo in un contesto di partecipazione minima dei parlamentari e nel quale, si richiedeva a tutti i partiti, di costruire un nuovo Parto repubblicano.
Il PDS, fu uno dei partiti più conservatori in tale ambito.
Nell’intervista, Occhetto, sostiene poi che la mancata alleanza tra il suo partito ed il PSI di Craxi, dipese dal fatto che lo stesso Craxi, non poté seguire quella politica, perché sarebbe stato sfiduciato dai suoi.
Non credo, piuttosto Craxi, prima del diluvio di Tangentipoli, ritenne sempre ed a mio modo di vedere, giustamente che, collocare il PSI, alleato al nascituro PDS, contro la Democrazia Cristiana, avrebbe significato, condannare il suo partito, all’alternativa della sconfitta.
Insomma, non voleva ripetere, seppur in tempi aggiornati, il tragico errore politico che commise Nenni nel 1948.
Un conto, era la maggioranza della sinistra in generale, laica e radicale sulle battaglie civili e che videro le sconfitte della Dc ed un conto, erano le elezioni politiche.
Tutta un’altra storia!
Per ultimo, Occhetto, ricorda ancora che nel 1994, provo’ a stringere un’alleanza al primo turno con i Popolari di Martinazzoli, ma lo stesso disse di No, in quanto, non poteva portare tutta a sinistra, di ciò che era rimasto della vecchia Dc.
Può darsi, ma l’errore, analogo a quello del 1948, fu quello di cullarsi, dopo le entusiasmanti vittorie amministrative del 1993, di un’ autosufficienza che in Italia, la sinistra, storicamente, non ha mai avuto.
Insomma, era cambiato il mondo, ma in Italia gli elettori, non erano cambiati e videro in Berlusconi, il nuovo leader, in grado di saldare, attraverso il fascino mediatico e populista, la vecchia politica, rinnovando le corde profonde dell’anticomunismo, con le aspettative di profondo cambiamento.
Certo, in quel passaggio, chi disse qualche anno prima, anche in modo irriverente che il pianto di Occhetto all’ultimo Congresso del PCI, ne presagiva altri per la sinistra italiana, sembrava aver azzeccato appieno la profezia.
Ma quella profezia, si avverò solo in parte, la sinistra, seppur con dei limiti congiunturali e strutturali che per certi versi, ancora permangono, si risollevo’ da quella sconfitta del 1994, facendo tesoro di quella sconfitta, giungendo così, a formule politiche che, si rivelarono in parte vincenti e che, saldavano appunto la sinistra tradizionale, con culture diverse e moderate, soprattutto di matrice cattolica.
Non dimenticando poi che tale successiva evoluzione, porto’ per la prima volta alla guida di Palazzo Chigi ed al Quirinale, 2 ex comunisti, cioè D’Alema e Napolitano.
Se ciò è potuto accadere, un pizzico di merito, va riconosciuto comunque ad Occhetto che, nell’ora più buia, con i suoi limiti strutturali, ebbe il coraggio di non restare fermo, ma provare ad oltrepassare il “ Rubicone della Storia”.