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Con i diktat il Governo muore

Scritto da Dario Franceschini.

Dario Franceschini
Intervista del Messaggero.

Ministro Franceschini, avete celebrato la legge di bilancio come una svolta. Ma pur avendo sterilizzato l’aumento di 23 miliardi dell’Iva, ne avete messi 8 di nuove tasse. Crede davvero che la manovra sia espansiva?
«Sì, tenendo presente lo stato delle cose. Intanto non sono 8 miliardi di nuove tasse e poi si è dimenticato, in una sorta di rimozione collettiva, che questa manovra era stata dipinta come un ostacolo insormontabile. Prima, quando c’era il governo giallo-verde, per mesi si è detto che non sarebbero mai riusciti a fare una legge di bilancio con 23 miliardi di clausola di salvaguardia dell’Iva e che Salvini avrebbe fatto cadere il governo solo per evitare una manovra impossibile, cosa che tra l’altro ha fatto.
Poi, quando siamo partiti noi, è stato detto: “Non ce la faranno mai”. Invece siamo riusciti a fare una legge di bilancio che ha mantenuto l’impegno di evitare l’aumento dell’Iva e che contiene misure giuste ed espansive. Abbiamo fatto il meglio che si poteva fare».
Tre miliardi per il taglio del cuneo fiscale non le sembrano pochi? Prodi ne sforbiciò sette e si disse che era un aumento impalpabile…
«Non c’è un limite al possibile aumento equo di stipendi che sono bassi. Ma intanto sono 3 miliardi in metà anno e nel prossimo saranno 5: un aumento significativo. Certo, poteva essere di più. Ma siccome i soldi non si stampano, per farlo più alto avremmo dovuto intervenire sull’Iva o su altre forme di prelievo: se tiri la coperta da una parte, dall’altra si scoprono i piedi. Non si scappa».
Il sottosegretario all’Economia, Baretta, ha detto che il discorso delle rimodulazione dell’Iva, per farla gravare di più sui beni di lusso e meno su quelli di prima necessità, non è chiuso. Concorda?
«Non è un tema di questa legge di bilancio. C’è un impegno chiaro a non rimodulare l’Iva adesso e lo manterremo. Ma prima o poi bisognerà risistemare le attuali aliquote che sono casuali, ci sono prodotti equivalenti che hanno aliquote diverse. Serve un lavoro di ridisegno che porti equità. Poi si potrà scegliere se farlo con maggiori entrate o a entrate invariate».
A proposito di equità, la lotta all’evasione sta diventando divisiva. Conte la definisce la «madre di tutte le battaglie», Di Maio in- vece frena sull’uso della moneta elettronica. Come finirà?
«La lotta all’evasione è uno dei cardini di questo governo e il punto centrale della legge di bilancio che ha abbassato il limite ai pagamenti in contanti, ha introdotto la lotteria per gli scontrini fiscali, un meccanismo premiale per chi paga con carta di credito e introdurrà in sede di conversione del decreto fiscale l’inasprimento delle pene contro i grandi evasori. Tutte misure che seguono una linea giusta di modernizzazione del Paese, molto del Pd e molto di sinistra. Lei mi parla di Di Maio, ma la lotta all’evasione è nel programma di governo firmato da tutti. Comunque nessuno vuole colpire i piccoli evasori: nel programma al punto sedici c’è scritto: “inasprimento delle pene per i grandi evasori”. E così sarà. Per questo il Pd non vuole abbassare le soglie di punibilità».
Lei però ha impedito che l’altra notte venisse inserito il carcere agli evasori del decreto fiscale.
«Non sono stato il solo a sostenere che non è prudente inserire delle norme penali in un decreto che entra immediatamente in vigore: si rischierebbe di avere trattamenti penali diversi per lo stesso reato se intervenissero modifiche in corso di conversione. Così si è deciso, ragionevolmente, di fare un emendamento governativo. Non c’è contrasto».
Sempre sul fronte della giustizia c’è il nodo della prescrizione. Può essere azzerata dal primo gennaio, senza che prima sia stata fatta una riforma che assicuri tempi rapidi e certi dei processi?
«E’ un tema su cui c’è un po’ di distanza. Visto che prima noi stavamo all’opposizione e i 5Stelle al governo, bisogna ripartire e costruire una posizione comune. Detto ciò, i processi brevi e la cancellazione della prescrizione sono molto legati».
5Stelle e Italia Viva già annunciano emendamenti alla manovra. Lei l’altra notte in Cdm ha avvertito: con i ricatti la coalizione non dura.
«Confermo la sostanza. Non è un tema misterioso: basta ascoltare i tg o leggere i giornali per leggere dichiarazioni tipo: “O è così o non si va avanti”, “se non fate come dico io non voto la legge”. Questo non è il modo giusto di lavorare in una coalizione. Primo, perché può essere un’istigazione a far tutti così. Secondo, non si trasmette una buona impressione all’opinione pubblica. Terzo, il principio della coalizione è cercare la mediazione e l’intesa su ogni punto. Venirsi incontro. L’esecutivo giallo-verde era basato su una sorta di appalto reciproco: “in quel settore, come l’immigrazione, tu fai quello che vuoi e io faccio ciò che voglio sulla giustizia”. Così non funziona. Questo sistema porta qualsiasi coalizione alla morte, all’affossamento. Su ogni punto bisogna cercare pazientemente l’intesa».
Pensa che Renzi e Di Maio abbiano assimilato questo spirito?
«Lo conoscono perfettamente. Del resto è il solo modo per andare avanti. Certo, i meccanismi di relazione si possono migliorare e faremo il possibile. Questo governo e questa maggioranza hanno una grande responsabilità: governare bene il Paese e governarlo in un arco di tempo lungo. Se questo esecutivo fallisse nel 2020, visto che saremmo di fronte a un fallimento, ci sarebbe il ritorno più forte di Salvini. Invece il governo deve essere la base per costruire una coalizione, fatta da centrosinistra più i 5Stelle, che sia numericamente e politicamente in grado di battere la destra e dunque di governare i Comuni, le Regioni e il Paese. Capisco che più sei piccolo, più hai bisogno di visibilità. Ma la visibilità si può cercare in tanti modi, non necessariamente creando problemi».
Però Di Maio, al contrario di Conte e di Grillo, non è affatto convinto dell’alleanza organica tra il Movimento e il Pd.
«C’è sempre chi lancia il sasso avanti e chi è invece rallenta ed più prudente. Ma abbiamo fatto un governo che sembrava impossibile, poco dopo abbiamo fatto l’alleanza in Umbria, dunque la direzione di marcia è indicata. Non dico che sia facile e tutto sia in discesa, ma se governi insieme il Paese perché non devi candidarti a guidare insieme la Calabria, la Toscana, la Liguria e la Campania? Come lo spieghi? Questo governo è un incubatore e nasce come tentativo di costruire un terreno di valori comuni sul sociale, sull’economia».
Oggi apre la Leopolda, a qualcosa da dire a Renzi?
«Vorrei un contributo di idee positivo e costruttivo per arricchire la coalizione, visto che siamo tutti sulla stessa barca e bisogna remare insieme. E mi aspetto che Matteo faccia quello che ha sempre detto quando diceva: “Avete sbagliato Matteo”».
Salvini come Renzi?
«Gli avversari non sono dentro la coalizione di governo, ma fuori. Non vedo il rischio che Renzi faccia il Salvini dell’esecutivo giallo-rosso. I due hanno in comune solo il nome».
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