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La mia vita di Deputata

Scritto da Marina Berlinghieri.

Marina BerlinghieriIntervista a Marina Berlinghieri.

Marina Berlinghieri è la politica che non ti aspetti. Nel senso che dopo pochi minuti che la conosci ti dimentichi di avere a che fare con un un’onorevole parlamentare e vedi la donna: intelligente, solare, empatica. Una persona che vive la sua professione con impegno e serietà ma senza enfasi e che interpreta l’esperienza comunque straordinaria di essere diventata deputata con autentico understatement.
Ho conosciuto Marina Berlinghieri durante l’emergenza Covid, quando sono stata invitata a partecipare a una diretta da lei tenuta su Facebook sul tema della moda sostenibile. È stato un incontro molto piacevole, condotto dal suo salotto di casa a Pisogne, in provincia di Brescia, che ha generato un contatto mantenuto nel tempo attraverso i social con messaggi su argomenti spesso personali come succede tra donne.
Non abbiamo mai parlato di politica e anche per questo le ho chiesto di poterla intervistare. Mi interessava conoscere la sua storia di donna, raccontare il percorso che da insegnante di liceo in provincia di Brescia l’aveva portata a Montecitorio ma anche cogliere l’occasione di porre a una rappresentante della politica le domande che non hanno mai risposta e cioè le dinamiche del lavoro in Parlamento, il reale impegno di un onorevole a Roma, la scarsa credibilità che hanno i nostri rappresentanti parlamentari. Marina Berlinghieri ha risposto a tutti i miei quesiti, nel corso di una lunga chiacchierata tenuta via Skype, io a casa mia, lei a Roma dopo il lavoro in Commissione mentre la figlia Caterina e una sua amica scalpitavano per andare finalmente a cena insieme.
Non dovrei dirlo ma sono stata contenta di avere svolto questa intervista, perché mi ha restituito la sensazione di quando ho iniziato a far la giornalista, quando ogni giornata mi portava a conoscere una nuova notizia. Ecco, con Marina ne ho apprese più di una oltre ad avere fatto un bel ripasso di educazione civica!
Sei dal 2013 in Parlamento e alla seconda legislatura nelle file del PD. La tua scheda biografica sul sito della Camera racconta tutto di te: il curriculum, l’intensa attività di deputato, la documentazione patrimoniale e anche il n. di seggio in cui siedi nell’aula parlamentare, il 24. Ma non dice come sei arrivata a Roma da Pisogne: mi riassumi il tuo percorso?
“Vengo dall’insegnamento. Dopo il liceo classico mi sono iscritta a Scienze religiose alla Cattolica di Brescia e, poiché dopo il Concordato tra Stato e Chiesa c’era bisogno di nuovi insegnanti sono entrata presto nella scuola”.
Ti interessava insegnare quella materia?
“Si, allora come ora pensavo che lo studio della religione, affrontata con un approccio laico e non catechetico, aiuti a formare l’uomo e il cittadino. Ho iniziato a insegnare nella scuola media, poi alla scuola superiore fino al 2013 quando sono diventata deputata. Nell’ultimo istituto, il liceo scientifico Antonietti di Iseo, mi sono dedicata a progetti di educazione alla cittadinanza, soprattutto in chiave europea. Per 10 anni abbiamo attivato scambi culturali con insegnanti, studenti, personale tecnico e amministrativo di Paesi dell’Unione Europea. Nel frattempo mi sono sposata, ho avuto due figli, ma ho sempre preso parte anche da cittadina al supporto di progetti sociali di Pisogne, il mio comune di nascita e di residenza, con un occhio particolare ai temi dell’amministrazione, dell’educazione, del volontariato e del territorio. La mia collocazione è sempre stata nel centro sinistra, ma senza iscrizione a un partito. Quando è nato il PD, con l’idea di fondere le due grandi storie politiche del ‘900 italiano verso un progetto riformista della società, mi sono appassionata e ho preso la tessera”.
Come si è avviata la tua carriera politica?
“Ho iniziato per caso, dopo l’organizzazione nel 2007 di un convegno delle donne democratiche. In quel periodo cadono le primissime primarie del PD ed io mi faccio avanti per sostenere a Brescia un comitato per Rosi Bindi. Vince Veltroni, perdiamo le primarie, ma entro a far parte della segreteria provinciale di Brescia e di lì a poco di quella regionale a Milano. Ci rimango poco: un po’ perché onestamente per la mia formazione, che non era avvenuta all’interno del partito, mi sentivo abbastanza un pesce fuor d’acqua e soprattutto perché l’impegno con la scuola e la gestione di due bambini piccoli poiché era mancato mio marito, era prevalente. Preferisco dedicarmi al mio territorio e, dopo le elezioni amministrative in cui sono la prima degli eletti, divento Assessore alla Cultura e al Turismo di Pisogne, un’attività che svolgo con passione fino al 2012 quando in vista delle elezioni politiche del 2013, da Milano mi chiedono di candidarmi alle Primarie del PD. Non è una decisione facile da prendere su due piedi: insegnavo, c’era l’assessorato, Andrea e Caterina erano piccoli… ma dopo una consultazione con il mio gruppetto di amici e sostenitori mi decido per il sì. Apriti cielo: mia madre, fortemente contraria, mi dà una terribile lavata di capo e mi toglie il saluto per due settimane. Io la rassicuro, dicendole che si tratta di una partecipazione di servizio e che dopo le Primarie di dicembre finisce tutto. Invece, dei 14.000 voti raccolti dai 6 candidati alle primarie di Brescia, io ne prendo 4.000. La segreteria lombarda mi mette in lista per le elezioni nazionali. A febbraio 2013 sono eletta deputato. Non mi aspettavo di arrivare così in alto e forse non se lo aspettavano neanche nelle segreterie… L’insediamento alla Camera è nel marzo 2013”.
Un bel salto: come ti sei organizzata?
“Facendo la spola da casa a Roma. Il lavoro parlamentare si svolge dal martedì a giovedì, poi ci sono gli impegni dei giorni restanti che spesso mi vedono in giro per la provincia in riunioni, convegni, incontri. Mia madre, dopo essersi molto arrabbiata, insieme a mio padre mi è stata di grande aiuto con i ragazzi. Quando Caterina era più piccola, tornata da Roma la portavo sempre con me. E’ diventata un’esperta di politica suo malgrado: si metteva a fare i suoi compiti in fondo alla stanza e ascoltava tante di quelle riunioni! Ora Caterina ha 16 anni, Andrea 24: sono grandi e più autonomi ”.
Di cosa ti occupi da deputata?
“Sono membro della Commissione Politiche Europee, di cui sono stata vice presidente fino alla fine di Luglio e faccio parte della delegazione Italiana al Consiglio d’Europa. In commissione ci occupiamo delle direttive, cioè le leggi dell’Unione Europea che non hanno immediata applicazione ma richiedono provvedimenti legislativi di ciascun stato membro per essere applicate. Il lavoro della mia commissione si svolge su due livelli: ci occupiamo della fase ascendente delle direttive – cioè le nostre proposte alla Comunità europea – e della fase di recepimento – cioè la reazione e le risposte dei Paesi membri per introdurre i principi delle varie direttive nel sistema normativo nazionale. L’ambito delle direttive di matrice europea è vastissimo: per darti un’idea, noi ci pronunciamo sulla percentuale degli zuccheri nei succhi di frutta fino a l’armonizzazione del sistema fiscale, dalle norme per la protezione ambientale fino all’etichettatura del miele. E’ evidente che non si può conoscere ogni argomento e bisogna studiare parecchio anche se fortunatamente c’è l’ausilio dei bravissimi funzionari della Camera. Ogni legge deve poi essere verificata rispetto alla sua compatibilità con le normative europee in commissione. Ovviamente serve tenere anche un rapporto molto stretto e continuo con i membri delle altre commissioni, di concerto con i capogruppo e soprattutto con i commissari delle altre commissioni relative ai diversi provvedimenti, per un incrocio continuo dei dati. È un lavoro di confronto e dialogo con tanti mondi della società civile perché le nostre decisioni vanno a impattare su tanti aspetti della vita quotidiana delle persone. Ogni volta che si recepisce una direttiva, o si chiude una procedura d’infrazione, si attua un pezzo di riforma del sistema Paese. Il dialogo e il confronto sono fondamentali per fare in modo che la direzione del cambiamento sia sempre quella della maggiore efficienza ed efficacia di tutto il sistema. Diciamo che, da questo punto di vista, negli ultimi anni sono stati fatti grandi passi avanti, ma molto può ancora migliorare”.
L’impegno a Roma per i parlamentari è di tre giorni, dal martedì al giovedì. Cosa rispondi a quelli che vi accusano di lavorare poco?
“Che non è così! Il martedì mattina mi sveglio alle 4 per prendere il volo delle 7 da Linate ed essere puntuale a Roma. La mattina c’è subito il lavoro di commissione, poi segue quello in Aula in un’alternanza Aula-commissione che porta spesso ad essere alla Camera ben oltre le 21 e spesso anche in sessioni notturne. Il mercoledì si riprende così dalle 8.30 con la commissione e il giovedì idem. Se non si finisce il lavoro di commissione in tempo la sera del giovedì per l’ultimo volo o treno, si torna il venerdì mattina. E’ un’attività decisamente impegnativa”.
Perché alla TV si vedono le aule vuote allora?
“Perché spesso l’informazione di certa TV e di certi media è strumentale e data ad arte dai giornalisti. Funziona così: i provvedimenti sono a cura delle singole commissioni che ne scremano il testo e gli emendamenti preparandoli per l’Assemblea. Il regolamento della Camera prevede poi una discussione generale in Aula con il Presidente della Camera alla quale partecipano di norma solo i membri delle commissioni referenti in rappresentanza del gruppo politico di appartenenza. Queste discussioni generali di solito avvengono il lunedì pomeriggio, vi partecipa solo un gruppo molto ristretto di deputati e cioè coloro che porteranno in aula gli atti da votare a partire dal martedì. La presenza il lunedì degli altri parlamentari è libera ma francamente inutile perché quel lunedì pomeriggio un deputato può impiegare meglio il suo tempo nel suo territorio, fare convegni, incontrare persone, svolgere attività di ascolto. Le immagini dei giornali dell’Aula vuota rispetto a discussioni di temi caldi per l’opinione pubblica non danno un’informazione corretta”.
Oggi mentre facevo ricerche sul tuo conto su Google, le prima notizia riguardava l’emendamento che hai contribuito a fare approvare rispetto alla legge di Zan sulla discriminazione di genere e il reato di opinione, che è stato derubricato. Appena sotto, ho trovato una news risalente ai mesi del Covid sulla donazione del laboratorio di diagnostica agli ospedali civili di Brescia da parte di una ditta cinese: un ‘regalo’ del valore di 600mila euro di euro, ottenuto tramite la tua mediazione. Agli occhi di un profano sembrano risultati molto distanti in termini di concretezza…
“La vita della politica è passare tra questi livelli. All’ospedale di Vallecamonica (a Esime) sono arrivati anche 14 respiratori, un numero enorme di mascherine e presidi per la sicurezza individuale, ottenuti grazie a una relazione nata dalla mia attività di membro dell’Associazione parlamentare Amici della Cina di cui faccio parte e che si occupa delle relazioni culturali tra i due Paesi. Ancora in termini di concretezza per il mio territorio, con un emendamento a una legge di Bilancio sono riuscita a fare inserire Monte Isola nell’elenco delle isole minori italiane. Questo comporta la possibilità di accedere a un fondo piuttosto cospicuo per finanziare progetti legati alla sostenibilità ambientale, al sostegno socio economico delle attività delle isole. Monte Isola è l’unica isola lacustre presente nell’elenco e vi rimarrà per sempre”.
Una domanda concreta che gli italiani fanno alla politica è la semplificazione della burocrazia: secondo te è possibile?
“Sì certo, è assolutamente necessaria, bisogna lavorarci ed è tra le richieste avanzate dall’Unione Europea. Ci aiuterebbe a rendere il nostro Paese più competitivo e più attrattivo per gli investimenti; per usare una frase tecnica, la semplificazione renderebbe tutto il sistema ‘più semplice e sicuro’. Ma non è affatto facile. Ti faccio un piccolo esempio: nel 2012 quando Monti fece un taglio lineare sulle Commissioni prefettizie, tra gli effetti ci fu la fine del turnover degli ascensoristi. Nel taglio infatti cadde anche la commissione che convalidava la formazione degli operatori per la manutenzione degli ascensori. Dal 2012 al 2018, quando siamo riusciti a ovviare a questa lacuna, non ne sono stati nominati di nuovi. Questo per dirti che l’idea di Monti era corretta, ma viviamo in un contesto molto complesso che non rende facile né tantomeno rapida, la tanto auspicata semplificazione. Dobbiamo arrivare a rendere il paese meno farraginoso, ma spesso credi di risolvere un problema e te se ne presentano altri dieci”.
Qual è il risultato da parlamentare di cui sei più orgogliosa?
“Per spiegartelo devo scendere un po’ in tecnicismi: la riforma degli oneri di sistema per le industrie energivore, cioè le industrie italiane che per la loro attività richiedono un alto consumo di energia. Nella scorsa legislatura, uno dei problemi sul tavolo era la scarsa competitività delle nostre industrie italiane a causa gli alti costi dell’energia. Nella legge di cui sono stata relatrice, insieme al ministro Calenda siamo riusciti ad ottenere attraverso un emendamento della legge europea un diverso calcolo dei costi dell’energia che ha abbassato quelli delle nostre industrie allineandoli a quelli degli altri paesi europei, rendendole più competitive”.
E a livello personale?
“Non è una risposta facile. Ci sono certi aspetti del lavoro di parlamentare che mi piacciono molto, come quello dello studio, delle relazioni e delle ricchissime esperienze che nella vita fuori dal Parlamento non avrei mai immaginato. Forse la cosa che mi dà più soddisfazione in questa esperienza da parlamentare è stato il riconoscimento da parte di colleghi e funzionari, sia a livello di Parlamento Italiano che Europeo, di avere una buona competenza. Ma anche, in tutto questo, essere riuscita a preservare le mie priorità, cioè l’educazione dei miei figli e di come, insieme, abbiamo vissuto questi anni. Non è un risultato né scontato né facile”.
La più brutta?
“La più brutta è che per come è diventata la politica oggi, sei sempre esposta anche personalmente e questo a me pesa. L’equilibrio tra la tua vita privata e pubblica è sempre un po’ complicato da mantenere. Poi l’essere catapultati in un mondo molto competitivo che ha le sue regole, alle quali non ero abituata e alle quali non mi voglio neanche abituare: rifiuto di tenere il coltello tra i denti e alla fine forse ho ottenuto più risultati così”.
Si parla tanto di solidarietà tra donne: qual è la tua esperienza in Parlamento?
“Tra donne c’è una certa solidarietà ma non è una cosa scontata ed è oggetto di lavoro quotidiano da parte di tutte. In Italia le politiche sulla parità di genere fanno fatica ad andare avanti perché spesso gli ostacoli si trovano anche all’interno dei gruppi politici, soprattutto nel momento in cui bisogna trasformare i principi in scelte concrete. Le donne impegnate in politica sono tutte consapevoli che certi risultati si possono ottenere solo se si attivano anche percorsi trasversali. In Parlamento, per esempio, c’è l’Intergruppo Donne che si occupa di parità di genere con rappresentanti di tutti gli schieramenti politici impegnate a lavorare insieme su emendamenti e proposte di legge che realizzino una vera parità di genere”.
Hai avuto difficoltà a fare politica come donna?
“Onestamente non ho mai avuto la sensazione nella mia attività di politica in Parlamento di avere sofferto discriminazioni di trattamento in quanto donna perché in commissione e nel gruppo si lavora sul merito delle questioni. Diverso è il ragionamento sulla compilazione delle liste o sulle nomine in posizioni apicali. La differenza di genere in questo contesto è molto sentita. Sono convinta che oltre alle quote, che sono necessarie perché altrimenti la rappresentanza sarebbe ancora più ridotta, bisogna puntare sul tema del merito e delle competenze. E’ necessario lavorare perché si arrivi ad avere un approccio che prescinda dal dover considerare “quante donne e quanti uomini”. Una vera parità di genere sarà raggiunta quando i processi di selezione a tutti i livelli avverranno tenendo conto delle competenze. La strada da percorrere è ancora molto lunga: continuiamo ad essere in una fase in cui abbiamo bisogno di strumenti come le quote di genere per mantenere un livello accettabile di rappresentanza femminile soprattutto nelle posizioni apicali”.
Consiglieresti a una giovane donna di provare a fare politica?
“Sicuramente sì perché la politica è una grande esperienza. Come donna consiglio di non porsi mai a priori dei limiti. So per esperienza che gli impegni verso la famiglia e il ‘personale’ sono tanti e importanti ma prima di decidere che non ce la possiamo fare, meglio chiedersi come riuscire a farcela”.

Per seguire l'attività di Marina Berlinghieri: sito web

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