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Carceri e Costituzione: umanità, sicurezza, pene alternative

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli alla Festa Nazionale dell'Unità a Modena (video).

Voglio fare una premessa: come ha detto il Garante per i Detenuti, Mauro Palma, penso anch’io che non possiamo cancellare con un colpo di spugna quello che è successo l’8 marzo nelle carceri. Credo che dobbiamo chiedere la verità.
Personalmente ho già preparato un’interrogazione perché qualcosa non ha funzionato.
C’è un’indagine della magistratura rispetto alle ragioni per cui è scoppiata la rivolta e per cui è scoppiata in così tante carceri contemporaneamente. Ci sono anche altre inchieste.
Io penso che sulla vicenda specifica del carcere di Modena ci sia qualcosa che va spiegato perché le persone sono state abbandonate e alcuni, abbandonati a se stessi, durante i trasferimenti hanno perso la vita e bisogna capire cos’è successo e le responsabilità.

Penso che siamo dentro ad uno scontro politico molto serio sulla vicenda delle carceri e sulla questione delle pene.
È stato ricordato nel corso del dibattito: c’è l’idea che tutto si risolva buttando via le chiavi. Questa è una lettura sicuramente molto più rassicurante per i cittadini e molto più capace di parlare alla pancia e all’istinto dei cittadini.
È, quindi, uno scontro molto serio quello che dovremo sostenere e che abbiamo sostenuto anche in questi mesi.
Noi del PD pensavamo che si dovesse fare di più sul fronte delle carceri, però, quando c’è stata l’emergenza per il covid, abbiamo fatto molte proposte per portare fuori dalla carceri più detenuti possibili e, soprattutto, i detenuti più a rischio.
Lo abbiamo fatto con le leggi che prevedevano gli arresti domiciliari per chi aveva ancora da scontare una pena entro i 18 mesi. Lo abbiamo fatto facilitando l’azione della magistratura di sorveglianza. Lo abbiamo fatto impedendo che rientrassero in carcere i detenuti che erano alla messa in prova o con permessi speciali.
Forse non è stato sufficiente ma il problema è stato gestito all’interno delle carceri italiane.
Noi volevamo di più, però, su questo c’è stato uno scontro in qualche modo esemplare rispetto a ciò che sarà anche nei prossimi mesi.
È sufficiente ascoltare alcuni dibattiti e alcune dichiarazioni fatte dal centrodestra a fronte della nostra richiesta di tutelare i detenuti: c’erano tratti di disumanità, tratti che fanno pensare che a quel punto il detenuto non è più una persona umana e lo mettono in una situazione di essere utilizzato per la politica.
Ci è stato spiegato più volte che i carcerati dovevano stare in carcere e che quello era un luogo sicuro e che stavamo utilizzando il covid per fare uscire persone dal carcere perché quella è la nostra ossessione.
Nessuno del centrodestra ha fatto i conti con la necessità di tenere tutto in sicurezza e di garantire una sicurezza sanitaria all’interno delle carceri. Siamo stati attaccati su questo.
Una parte di questa discussione ha questo vizio.
In Commissione Parlamentare Antimafia l’ho detto chiaramente che il DAP può aver fatto tanti errori ma sulla vicenda delle scarcerazioni dei cosiddetti “boss”, c’è un punto su cui credo che dobbiamo essere chiari e noi siamo stati chiari. Il punto è che quella famosa circolare del DAP, che viene presentata come l’origine di tutti i mali, invece, era una circolare giusta perché diceva ai direttori di segnalare quali erano le persone con patologie che, con il covid, possono mettere a repentaglio la loro vita.
Questo era giusto.
Poi che il DAP dovesse provvedere a garantire soluzioni diverse dagli arresti domiciliari per le figure più pericolose, come i tre detenuti al 41 bis e gli altri in regime di alta sicurezza, si doveva fare e non è stato fatto. Riina è stato curato sempre da patologie gravissime all’interno del sistema carcerario, lo stesso Provenzano mentre qui non lo si è fatto e questo è stato un errore del DAP.
È sbagliato, però, mettere in discussione che fosse giusto il principio di segnalare le persone che hanno patologie che li mettono a rischio della vita di fronte al covid.
Recuperare di nuovo oggi questa vicenda, dopo mesi in cui, ad un certo punto nella discussione in Commissione Parlamentare Antimafia, erano diventati 700 gli scarcerati in regime di alta sicurezza dentro a questa vicenda non è utile.
Adesso ci sarebbero 110 persone ancora agli arresti domiciliari, probabilmente perché il magistrato di sorveglianza ha ritenuto o che la loro salute è ancora in pericolo oppure che il DAP non è in grado di offrire un’alternativa che garantisca la salute.
Questo è il tema.
Speculare come si sta facendo, mettere in discussione la fermezza dello Stato nella lotta alla mafia su questa vicenda è un errore gravissimo che dice quanto ci giochiamo su queste partite.
Ci sono alcune cose a cui dovremo far fronte nelle prossime settimane.
Innanzitutto, c’è una gran voglia di richiudere il carcere.
C’è una gran voglia di ritornare alla celle chiuse e di non riaprire le celle che, a causa del covid, si sono dovute chiudere per evitare i contagi.
Già prima del covid molti pensavano che la cosiddetta “vigilanza dinamica”, cioè le celle aperte e la frequentazione, fosse da superare.
Oggi questa idea tornerà e credo che dobbiamo saperlo; così come c’è la spinta a portare tutto, anche la gestione delle pene alternative, dentro al carcere; per riportare tutto al livello securitario, facendo in modo che il controllo di tutto venga portato alla polizia penitenziaria.
Queste sono proposte che stiamo sentendo e che si stanno rafforzando.
Il PD, su questa battaglia, starà dalla parte di chi dice che il carcere va aperto, che va tenuto il rapporto con la città, che chi fa i trattamenti dentro e fuori dal carcere devono essere persone che hanno una preparazione che non guarda solo all’aspetto securitario e che le celle vanno riaperte perché la vita nelle carceri deve continuare ad avere una qualità.
Se dobbiamo pensare a costruire nuove carceri, bisogna farlo per garantire delle carceri migliori, non perché quella è la soluzione alla sovrappopolazione carceraria. La soluzione alla sovrappopolazione carceraria sono le pene alternative, la depenalizzazione di alcuni reati, le pene risarcitorie da svolgersi fuori dal carcere e altre cose già presenti nel nostro ordinamento e che ancora di più lo devono essere.
Credo che questo sarà e dovrà essere l’impegno del Partito Democratico.

Video dell’intervento 


Credo che dentro a questa discussione sia evidente una cosa: nel carcere ci dobbiamo stare di più.
Bisogna dare una risposta a chi vuole chiudere il carcere.
Bisogna stare di più in carcere e bisogna aprirlo alle città; creare momenti di incontro e comprensione.
I volontari del carcere fanno un grande lavoro ma non basta, ci vogliono le città, le amministrazioni, i territori che se ne devono occupare.
Penso che questo sia fondamentale.
Grazie ad un incontro nel carcere di San Vittore, a Milano, è nata la proposta che ora, alla luce di ciò che è successo con il covid appare insufficiente, però io penso che, con questo clima, aver comunque approvato una proposta all’interno del Decreto Carceri per fare in modo che, come chiedevano i detenuti, chi ha figli minori o parenti con patologie e disabilità possa telefonare a casa non solo una volta alla settimana ma una volta al giorno per salutarsi, resterà qualunque forzatura si farà per cercare di ritornare al passato. Questa proposta è frutto dell’interlocuzione con il carcere.
Gli obiettivi che ho sentito discutere in questo dibattito e che sono comuni, sono obiettivi di una sfida che in questo momento è molto in salita ma che però penso che una buona politica e il Partito Democratico devono fare senza tentennamenti, senza diplomatismi e senza paure perché questa è proprio una battaglia giusta.

Video delle conclusioni»

Video dell'intero incontro»

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