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Un carcere più umano per dare più sicurezza anziché riprodurre illegalità

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Articolo di Franco Mirabelli pubblicato da Immagina e da Huffington Post.

Da sempre il carcere e l’esecuzione penale sono oggetto di scontro.
Il tema, però, non è la necessità di garantire che le pene vengano espiate, questo nessuno lo mette in discussione: la certezza della pena non è il nodo su cui si divide davvero la politica.
Le idee divergono sulla funzione della pena, sul senso della carcerazione. Certo chi subisce una condanna deve pagare un debito con la società, il carcere è una punizione ma per noi deve diventare anche un’opportunità: deve avere una funzione rieducativa, deve consentire alle persone, quando escono, di non ripetere gli errori del passato, per impedire che tornino a delinquere.
Questa è la strada indicata dalla Costituzione, la più utile e la più umana.
L’altra è la strada di chi, per speculare, vuole trasformare la giustizia in vendetta e considera ogni persona che delinque una persona persa per sempre, per cui bisogna “buttare via le chiavi” e, soprattutto, per loro la pena deve essere non solo una punizione ma una meritata sofferenza.
Questo scontro tra noi e la destra oggi, di fronte alla diffusione del Covid in alcune carceri italiane (per fortuna ancora una minoranza), si traduce ovviamente in proposte politiche assolutamente contrapposte.
Mentre serve prendere provvedimenti per salvaguardare la salute di tutti coloro che vivono in carcere (agenti, detenuti e operatori), la destra di Salvini e della Meloni fa propaganda, alimenta paure, paventa la liberazione dei peggiori criminali, lancia il messaggio che di carcere non bisogna occuparsi contrapponendo la salute di chi sta in carcere a quella di chi è fuori.
Il Governo in questi mesi ha preso e, di fatto prorogato con il Decreto Ristori, iniziative importanti con la consapevolezza che per combattere il virus, garantire spazi per evitare il contagio e consentire l’isolamento e la cura di chi si è infettato, bisogna ridurre la popolazione carceraria.
Ora più che mai bisogna intervenire su un problema patologico del nostro sistema penale: quello della sovrappopolazione, della presenza di più detenuti di quelli che gli Istituti possono ospitare.
Nessuno è stato liberato: si è fatta la scelta di mandare agli arresti domiciliari coloro a cui mancano non più di 18 mesi da scontare per ridurre le presenze in carcere, escludendo da questi benefici tutti i condannati per reati di mafia o terrorismo.
Riproporre questo provvedimento è giusto ma, come chiedono i Garanti dei detenuti e centinaia di associazioni e di operatori, bisogna fare di più per metter in sicurezza gli istituti e le persone che vi vivono e quelle che vi lavorano.
Per questo abbiamo presentato una serie di proposte emendative al Decreto Ristori.
Innanzitutto pensiamo che sia necessario, per accelerare le procedure, consentire a chi ha ancora un anno di pena da scontare, e non sei mesi come adesso, di andare agli arresti domiciliari senza braccialetto elettronico.
Pensiamo poi si debba consentire a chi beneficia di permessi premio o di permessi per il lavoro esterno di restare fuori fino alla fine dell’emergenza: sono persone che hanno già fatto un percorso e che già escono dai penitenziari; ed è più sicuro per loro, ma soprattutto per gli altri detenuti, che non rientrino ogni giorno.
Ancora: i detenuti già oggi possono beneficiare, per buona condotta, ogni sei mesi, di uno sconto di 45 giorni che proponiamo di aumentare a 75 per il periodo dell’emergenza, così da anticipare ulteriormente il fine pena per persone che lo hanno meritato.
Infine, sospendere fino al 31 gennaio del 2021, l’esecuzione di condanne passate in giudicato è una soluzione che ridurrebbe i nuovi ingressi in carcere sia a tutela della salute di tutti sia per non aumentare ulteriormente le presenze.
Sono scelte, che proponiamo a Governo e maggioranza, che possono aiutare a ridurre i rischi di contagio nelle carceri.
Ovviamente stiamo parlando di norme necessarie per affrontare un’emergenza, ma questa deve essere anche l’occasione per riflettere sulla necessità di fare scelte per affrontare il problema della precarietà della condizione detentiva in Italia.
Sia il Governo che il Parlamento hanno indicato l’intervento sulle carceri come un intervento necessario su cui presentare progetti per l’utilizzo dei finanziamenti del Recovery Fund.
Non si tratta, però, di intervenire solo per costruire nuove carceri e creare più posti: la priorità deve essere quella di realizzare strutture che aumentino gli spazi per la socialità, il lavoro, la formazione.
Serve realizzare carceri più vivibili e più umane, così come servono strutture dedicate alle donne con figli o ai detenuti tossicodipendenti.
Tutto ciò è possibile e va fatto e il buonismo non c’entra. C’entra la consapevolezza che un carcere più umano e in cui si rispetti il dettato costituzionale serve a dare più sicurezza a tutti, anziché riprodurre malessere e illegalità.

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