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Il Decreto sulla Pubblica Ammnistrazione

Written by Emanuele Fiano.

Emanuele FianoRelazione in Commissione Affari Costituzionali per la terza lettura del Decreto 90 (Pubblica amministrazione).
Il provvedimento, ora all'esame della Camera in seconda lettura, verrà esaminato unicamente in relazione alle parti modificate dall'altro ramo del Parlamento. Prima di entrare nel merito delle modifiche apportate dal Senato, consentitemi alcune brevi considerazioni.
Con questo provvedimento abbiamo iniziato un percorso di rinnovamento e invertito una tendenza che restituisce speranza alle nuove generazioni, per troppo tempo tradite.
Purtroppo - ed è questa una delle quattro modifiche apportate dal Senato - non si sono create le condizioni per un intervento su “quota 96” per i lavoratori della scuola, che sarà però, come ha dichiarato il Governo, oggetto di un provvedimento strutturale, all'interno del quale sarà affrontato il tema degli ingressi degli insegnanti, delle precarietà e del rinnovamento.

Le altre modifiche apportate dal Senato, a causa di problemi di copertura finanziaria, riguardano, come tutti sanno, le norme che cancellavano le penalizzazioni della riforma Fornero per i lavoratori con anzianità contributiva pari 41 anni per le lavoratrici e 42 per i lavoratori e con un’età anagrafica inferiore ai 62 anni (i cosiddetti lavoratori precoci); le norme sul pensionamento d'ufficio a 68 anni dei professori universitari e la norma sull'invalidità per le vittime di terrorismo. Tali disposizioni sono state quindi soppresse, ma non cancellate dalla nostra agenda. Su tutte queste questioni torneremo con misure più efficaci e puntuali.
Abbiamo preso un impegno e non tradiremo le legittime aspettative dei nostri elettori, che ci hanno dato un mandato chiaro: quello di rinnovare le istituzioni e la pubblica amministrazione.
In ogni caso non dobbiamo dimenticare, nonostante “il cuore vero della riforma” – come ha sottolineato il Ministro Madia - sia contenuto nel disegno di legge delega all'esame del Senato, che le norme introdotte con il decreto legge agiscono all'insegna del cambiamento, dell'equità e del rinnovamento. Pensiamo ad esempio alle norme anticorruzione e ai nuovi poteri dell'Autorità nazionale anticorruzione, alla mobilità dei pubblici dipendenti o alle norme di semplificazione per cittadini e imprese. Sono norme pensate per capovolgere il paradigma del rapporto cittadini/P.A., un paradigma che fino ad ora vedeva il cittadino piegarsi alle esigenze della pubblica amministrazione e non viceversa, un paradigma che ha travolto, nel sentire comune, il tanto di buono che esiste ancora nelle professionalità impiegate nella macchina dello Stato, nelle Regioni e negli enti locali. Si è intervenuti, all'insegna dell'equità, ad esempio, cancellando tutti gli extra compensi, che gravavano sui conti pubblici, per servizi già remunerati tramite un compenso onnicomprensivo. Ancora, il decreto inizia ad invertire quella tendenza all'immobilismo degli apparati burocratici che fino ad ora ha costituito un "glass ceiling", un tetto di cristallo, per un'intera generazione. A loro vogliamo restituire la speranza dicendo loro che il loro turno è arrivato. E questo l'abbiamo fatto, con la cancellazione dell'istituto del trattenimento in servizio o la possibilità di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro per i pubblici dipendenti, compresi i dirigenti, che abbiano raggiunto i requisiti per andare in pensione. Nella prospettiva di valorizzare le risorse interne viene anche posto un freno all'attribuzione di incarichi di consulenza esterna. Ritengo che ciò incentiverà la pubblica amministrazione a ricercare al proprio interno nuove risorse e a valorizzare e a far crescere le proprie competenze interne, lo scopo è quello di consentire il passaggio dei saperi e delle conoscenze a fine carriera favorendo, al tempo stesso, il ricambio generazionale. Il contestuale allentamento delle norme sul turn over, consentirà l'immissione nella pubblica amministrazione di nuove professionalità o l'avanzamento di carriera per molti. Sul piano della giustizia vorrei ricordare un altro tema che mi sembra molto significativo, quello dell'introduzione dell'ufficio del processo, che rappresenta un principio sicuramente molto importante rispetto ad una razionalizzazione del sistema della giustizia, un passo in avanti molto importante e molto significativo. Il magistrato deve avere uno staff di collaboratori, come accade sotto l'altro fronte negli studi legali, in modo tale da poter avere collaborazione nell'istruzione delle pratiche e quindi essere nella condizione di dare soluzioni certe in tempi celeri. Una giustizia più veloce ed una macchina amministrativa più efficiente saranno gli strumenti più efficaci per aiutare la ripresa della nostra economia.

Relazione di replica in Commissione Affari Costituzionali per la terza lettura del Decreto 90 (Pubblica amministrazione).
Il disegno di legge A.C. 2486-B, di conversione in legge del decreto-legge n. 90/2014, giunge all'esame della Camera dei deputati in seconda lettura. Nel corso della prima lettura alla Camera dei deputati, la I Commissione (Affari costituzionali) ha apportato numerose modifiche al testo del decreto-legge. Sul testo risultante dagli emendamenti approvati in sede referente il Governo ha posto la fiducia e il provvedimento è stato approvato dall'Assemblea il 31 luglio 2014. Nel corso dell'esame il Senato (AS 1582) ha approvato quattro emendamenti governativi, tre dei quali soppressivi, relativi agli articoli 1, 1-bis e 25. E' stato inoltre ripristinato il comma 3 dell'articolo 8, che era stato soppresso nel corso dell'esame alla Camera. Il Senato ha in primo luogo modificato l'articolo 1, comma 5, che interviene sull'istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della P.A. nei confronti dei dipendenti che abbiano maturato i requisiti pensionistici. In particolare, per effetto della modifica apportata dal Senato si prevede che la risoluzione unilaterale non trovi applicazione nei confronti di professori universitari e responsabili di struttura complessa del S.S.N.; si conferma, invece, l'applicazione dell'istituto nei confronti dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del S.S.N. dopo il compimento di 65 anni. Giova ricordare che il comma 5 dell'articolo 1, nel testo approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati, ha ampliato l'ambito applicativo dell'istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della P.A. nei confronti dei dipendenti che avessero maturato i requisiti pensionistici, prevedendo, in particolare:
• che, in via generale, l'istituto non trova comunque applicazione prima del raggiungimento di un'età anagrafica che possa dare luogo a una riduzione percentuale del trattamento pensionistico per effetto del pensionamento anticipato (62 anni);
• l'obbligo, per la P.A., di motivare con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati, escludendo che possa derivarne un pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi;
• che l'istituto non si applica al personale di magistratura;
• che per i dirigenti medici e del ruolo sanitario del SSN la risoluzione unilaterale non potesse avvenire prima del compimento dei 65 anni di età e per i responsabili di struttura complessa non prima del compimento dei 68 anni di età;
• che per i professori universitari la risoluzione unilaterale (che deve essere decisa dal Senato accademico) non potesse comunque avvenire prima della conclusione dell'anno accademico nel quale il professore avesse compiuto i 68 anni di età; inoltre, per ogni professore il cui rapporto di lavoro fosse stato risolto unilateralmente l'Università di appartenenza, nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, deve procedere prioritariamente all'assunzione di almeno un nuovo professore (con esclusione dei professori e ricercatori a tempo indeterminato in servizio presso la stessa università) o all'attivazione di almeno un nuovo contratto da ricercatore a tempo determinato.
Il Senato ha poi disposto la soppressione dei commi da 6-bis a 6-quater dell'articolo 1, recanti disposizioni in materia di pensionamento anticipato, dell'articolo 1-bis, che ha previsto l'applicazione delle norme per l'accesso al pensionamento vigenti prima del D.L. 201/2011 (cd. Riforma Fornero) al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012 (cd. quota 96), nonché dei commi da 5-bis a 5-quinquies dell'articolo 25, concernenti la rideterminazione di specifiche provvidenze a favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.
I commi da 6-bis a 6-quater dell'articolo 1 avevano disposto la non applicazione delle riduzioni percentuali del trattamento previdenziale ai fini dell'accesso al pensionamento anticipato (di cui all'articolo 24, comma 10, del D.L. 201/2011), limitatamente ai soggetti che maturassero il solo requisito di anzianità contributiva (attualmente 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) entro il 31 dicembre 2017 (quindi anche prima del perfezionamento del requisito anagrafico minimo di 62 anni) (comma 6-bis). Agli oneri derivanti dalla richiamata disposizione (valutati in 1 milione di euro per il 2014, in 3 milioni di euro per il 2015, in 7 milioni di euro per il 2016, in 14 milioni di euro per il 2017 e in 16 milioni di euro annui a decorrere dal 2018), era previsto che si provvedesse: a) quanto a 1 milione di euro per il 2014, a 3 milioni di euro per il 2015 e a 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2016, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dallo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014; b) quanto a 5 milioni di euro per il 2016, a 12 milioni di euro per il 2017 e a 14 milioni di euro a decorrere dal 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione (comma 6-ter). Infine, si prevedeva il monitoraggio degli oneri da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con possibilità per il Ministro dell'economia e delle finanze nonché di effettuare le variazioni delle dotazioni finanziarie in caso di scostamenti (comma 6-quater).
L'articolo 1-bis, a sua volta, aveva previsto, al comma 1, (modificando l'articolo 24, comma 14, del D.L. 201/2011, c.d. riforma Fornero) che le disposizioni previgenti alla riforma pensionistica del 2011 in materia di requisiti di accesso al sistema previdenziale continuassero ad applicarsi anche al personale della scuola che avesse maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, secondo quanto disposto dall'articolo 59, comma 9, della L. 449/1997 (c.d. quota 96). Il beneficio era riconosciuto, a decorrere dal 1° settembre 2014, nel limite massimo di: 4.000 soggetti e nei limiti di 35 milioni di euro per il 2014; 105 milioni di euro per il 2015; 101 milioni di euro per il 2016; 94 milioni di euro per il 2017 e 81 milioni di euro per il 2018. Era inoltre previsto l'obbligo, per l'INPS, di prendere in esame le domande di pensionamento inoltrate entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, nonché di monitorare le domande stesse secondo specifici criteri di priorità (comma 2). La liquidazione del TFR doveva avvenire, nel rispetto delle modalità vigenti, assumendo, quale termine iniziale del periodo che precede l'erogazione del TFR, la data in cui avverrebbe la cessazione del rapporto di lavoro in caso di accesso alla pensione secondo la disciplina dell'articolo 24 del D.L. 201/2011 (nel testo vigente prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame) (comma 3). Inoltre, era prevista la possibilità, per le lavoratrici della scuola che entro l'anno scolastico 2011/2012 avessero maturato (ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della L. 449/1997) i requisiti per il pensionamento, ai sensi delle disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore dell'articolo 24 del D.L. 201/2011, e che successivamente avessero optato per la liquidazione del trattamento pensionistico secondo le regole di calcolo del sistema contributivo (ai sensi dell'articolo 1, comma 9, della L. 243/2004), di chiedere il ricalcolo del trattamento previdenziale con il sistema retributivo o misto (di cui all'articolo 1, commi 12 e 13 della L. 335/1995) per il periodo fino al 31 dicembre 2011 e con il sistema contributivo a decorrere dal 1° gennaio 2012 (di cui all'articolo 24, comma 2, del D.L. 201/2011) (comma 3-bis).
Con i commi da 5-bis a 5-quinquies dell'articolo 25, soppressi dal Senato, si modificava la disciplina in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice (di cui alla L. 206/2004), disponendo una diversa rideterminazione dell'incremento del 7,5% (di cui all'articolo 2, comma 1, della L. 206/2004) della retribuzione pensionabile (ai fini della liquidazione o della pensione e dell'indennità di fine rapporto o altro trattamento equipollente) per i soli dipendenti privati invalidi, nonché per i loro eredi aventi diritto a pensione di reversibilità, che avessero presentato domanda entro il 30 novembre 2007. In tale caso, in luogo dell'incremento del 7,5% (e prescindendo da qualsiasi sbarramento al conseguimento della qualifica superiore, se prevista dai rispettivi contratti di categoria) si sarebbe dovuto far riferimento alla percentuale di incremento tra la retribuzione contrattuale immediatamente superiore e quella contrattuale posseduta dall'invalido all'atto del pensionamento, ove più favorevole (comma 5-bis). Inoltre, il beneficio previdenziale, consistente nell'aumento figurativo di dieci anni contributivi (di cui articolo 3, comma 1, della L. 206/2004), a favore dei soggetti che avessero subito una invalidità permanente della capacità lavorativa derivante da atti e stragi di matrice terroristica, nonché ai familiari indicati, doveva spettare al coniuge e ai figli dell'invalido, anche se il matrimonio è stato contratto e/o i figli siano nati successivamente all'evento terroristico. Se l'invalido avesse contratto matrimonio dopo che il beneficio fosse stato attribuito ai genitori, il coniuge e i figli di costui ne erano esclusi (comma 5-ter). Il comma 5-quater chiariva che, ai fini del diritto immediato alla pensione diretta in misura pari all'ultima retribuzione percepita integralmente da coloro che avevano subito un'invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa, causata da atti e stragi di matrice terroristica, era da considerarsi indifferente che la posizione assicurativa obbligatoria inerente al rapporto di lavoro dell'invalido fosse aperta al momento dell'evento terroristico o successivamente. In nessun caso erano opponibili termini o altre limitazioni temporali alla titolarità della posizione e del diritto al beneficio che ne conseguiva. Per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, era stata autorizzata la spesa di 1.000.000,00 di euro a decorrere dal 2014, a valere sulle risorse del fondo nazionale integrativo per i comuni montani (comma 5-quinquies), di cui all'articolo 1, comma 319 della L. 228/2012.
Nel corso dell’esame al Senato in Assemblea è stato inoltre ripristinato il comma 3 dell'articolo 8, che era stato soppresso nel corso dell'esame alla Camera. Il comma 3 prevede che siano fatti salvi i provvedimenti di collocamento in aspettativa già concessi alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
Si ricorda che l'articolo 8, come approvato dalla Camera, rende maggiormente stringente la disciplina sul collocamento "fuori ruolo" dei magistrati (ordinari, amministrativi, contabili e militari) e degli avvocati e procuratori dello Stato, che intendano assumere incarichi extragiudiziari. In particolare, la disposizione prevede l'obbligatorio collocamento in "fuori ruolo" quando questi soggetti intendano assumere non solo incarichi di capo di gabinetto bensì qualsiasi ufficio di diretta collaborazione, comunque denominato. Alla Camera è stato ulteriormente specificato che si tratta degli incarichi, comunque denominati, negli uffici di diretta collaborazione, ivi inclusi quelli di consulente giuridico nonchè quelli di componente degli organismi di valutazione.
L'articolo inoltre: vieta il ricorso all'istituto dell'aspettativa, utilizzato per eludere il limite decennale al collocamento fuori ruolo nell'arco della carriera lavorativa (limite introdotto dalla c.d. legge anticorruzione n. 190 del 2012); introduce una disciplina transitoria per gli incarichi in corso; prevede la pubblicazione sui siti istituzionali dei dati sulla produttività di magistrati e avvocati dello Stato.

 

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