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Gestire il disagio sociale evitando le astrazioni

Written by Mauro Magatti.

Mauro MagattiArticolo di Mauro Magatti pubblicato da Corriere della Sera.

Gli effetti economici e sociali del coronavirus rimangono in larga parte sotto traccia. Almeno in Europa, gli strumenti di protezione hanno per il momento consentito di attenuare l'impatto del blocco dell'economia. Ma tutti sanno che questa situazione non può durare a lungo. A ragione ci si chiede quale evoluzione possa seguire la questione sociale nei prossimi anni, quale forma possa prendere il conflitto, quali risposte possano essere messe in campo fin d'ora. Occorre tenere presente che il Covid colpisce società nelle quali gli effetti di lungo termine della globalizzazione avevano già determinato una significativa erosione del ceto medio.
Con un conseguente impoverimento, assorbito per lo più scaricando i costi o sulle minoranze (soprattutto ma non solo negli Usa), sulle donne e le nuove generazioni (specie in Italia). I riflessi sulla dinamica politica sono quelli che conosciamo. Da un lato, i partiti di sinistra hanno visto crescere la loro distanza dai ceti popolari. I «progressisti» (con i loro elettori) - per lo più identificati con i gruppi sociali acculturati ed economicamente vincenti - sono i paladini della crescita economica, della scienza, delle libertà individuali. Insomma, di una modernizzazione positiva e attraente. Le poche forme spurie di populismo di sinistra e di cui alcune anime del M5S sono espressione pensano, a loro volta, di salvaguardare il «diritto al benessere» garantendo sussidi per tutti. In una visione in cui lo Stato può disporre di risorse infinite senza preoccuparsi troppo di costruire il futuro. La ridefinizione post-thacheriana dei partiti di destra è avvenuta invece attorno alla pulsione sicuritaria. A partire dall'idea che tocca allo Stato chiudere i confini, difendere l'identità nazionale, proteggere i perdenti della globalizzazione. Tuttavia, questa posizione è ora in difficoltà: il covid ha reso evidente che la chiusura ermetica, oltre a non proteggerci dai fenomeni globalï, ci fa morire per asfissia. Di certo, il disagio del ceto medio, in particolare i giovani, è destinato ad acuirsi. La distanza tra le reali condizioni di vita dei più ricchi e dei più poveri tenderà a crescere. La disillusione sulle promesse del progresso sono destinate ad aumentare. E ciò proprio mentre il controllo e la regolazione delle nostre attività quotidiane a causa del virus - diventano sempre più invasivi e pervasivi. In questa situazione, si intravvedono segnali preoccupanti di una nuova possibile mutazione. Nei comportamenti scriteriati di quest'estate non si è espressa solo, da parte di moltissimi ragazzi, la voglia di tornare a vivere. Si é visto anche l'embrione di una reazione di chi (giovane o meno) rifiuta ogni costrizione alla propria libertà individuale proveniente dalla cattedra di una tecno-scienza troppo compromessa con gli interessi che dominano il mondo. Nelle discoteche e nelle spiagge agostane, al di là del divertimento, traspariva il fascino di un vitalismo - eccitato da una potente pulsione di morte - che, per principio, rigetta ogni controllo e ogni legge. Al centro dell'attenzione non c'è più la sicurezza, ma il suo contrario: la sfida a tutto ciò che può bloccare la vita libera. Nel rifiuto di vedersi parte del mondo circostante e quindi nel sentirsi fieramente irresponsabili per ciò che accade e per ciò che può seguire dai propri comportamenti. La legge in quanto legge - vista come ostacolo alla vita - è dunque rifiutata in toto. Con un atteggiamento che, nell'incapacità di un pensiero, non accetta la frustrazione, l'attesa, l'assenza e per questo reagisce assumendo una posizione radicale di difesa del diritto a vivere. Il rischio è che questi sintomi - per il momento ancora destrutturati - possano prendere piede. Soprattutto se dovessero trovare forme, parole, soggetti in grado di aggregarli e di favorirne la radicalizzazione. Se ciò accadesse, il malcontento potrebbe incanalarsi dentro un alveo inedito: da un lato esprimendo la ribellione a ogni sorveglianza in nome di una id radicale di vita libera; dall'altro, recuperando istanze identitarie di tipo religioso o razzista. Espressione di irrazionalismo speculare quell'eccesso di razionalismo tecnocratico nel quale rischiamo di finire ingabbiati. Non sarebbe la prima volta. Come sappiamo, la modernità ha già conosciuto moine in cui, di fronte ai suoi fa menti, sono emerse vie alt native tanto pericolose qui to irrealistiche. Là si sono combinati diversi degli ingredienti che oggi vediamo riaffiorare. Per questo parlare di ripartenza non è sufficiente: tra tanti che sono in difficoltà la consapevolezza che no: da lì che arriverà la risposta loro problemi. Alla politica, alla culto alla comunicazione, all’imprenditoria spetta a loro compito di confrontarsi a viso aperto con le tante sfide che tramonto della globalizzazione trionfante ci consegna. La crisi delle ideologie della fine del XX secolo ci ha insegnato quanto sia sbagliato affidarsi a visioni del mondo campate per aria. Ma, al tempo stesso occorre riconoscere che, senza una rinnovata capaciti realismo critico, sarà impossibile gestire il disagio di nostre società. L' avvenire non riusciamo più a vederlo può riaprirsi se proveremo a non rimuovere, ma a confrontarci con onestà con la realtà che ci circonda. Tentando risposte concrete e adeguate ai problemi reali che il coronavirus ci consegna. Senza scorciatoie.
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