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Popolazione italiana in calo

Written by Il Sole 24 Ore.

istatArticolo del Sole 24 Ore.

Continua a diminuire la popolazione in Italia: al 1° gennaio 2021 i residenti sono 59 milioni 259mila, 384mila in meno su base annua. Unica eccezione è il Trentino-Alto Adige, dove si registra una variazione annuale della popolazione pari a +0,4 per mille. In tutte le altre regioni si registra un decremento demografico. Il fenomeno colpisce soprattutto il Mezzogiorno (-7 per mille) rispetto al Centro (-6,4) e al Nord (-6,1). Molise (-13,2) e Basilicata (-10,3) sono le regioni più colpite; tra quelle del Nord spiccano Piemonte (-8,8), Valle d'Aosta (-9,1) e soprattutto Liguria (-9,9). Lo attesta il report Istat sugli indicatori demografici 2020.
Gli effetti della pandemia da Covid-19 hanno prodotto nel 2020 effetti «non soltanto, per quanto prevalentemente, sulla mortalità ma anche sulla mobilità residenziale interna e con i Paesi esteri, arrivando a incidere persinosui comportamenti riproduttivi (nell'ultimo mese dell'anno) e nuziali. Ne scaturisce un quadro globale, già di per sé fortemente squilibrato da dinamiche demografiche deboli sul versante del ricambio della popolazione, nel quale le stesse problematiche risultano accentuate e moltiplicate». Con la pandemia nel 2020 sono stati registrati 99mila decessi in più di quanto atteso. Sul versante dei trasferimenti di residenza. Le iscrizioni dall'estero sono state 221mila e le cancellazioni 142mila. Ne deriva un saldo migratorio con l'estero positivo per 79mila unità, il valore più basso degli anni 2000 e in grado di compensare solo in parte l'effetto negativo del pesante bilancio della dinamica naturale. Per quanto riguarda la mobilità interna si rileva una riduzione del volume complessivo di circa il 12%: sono 1 milione 308mila i trasferimenti registrati tra i Comuni italiani nel 2020 contro 1 milione 485mila dell'anno precedente.
Dai dati provvisori emerge che le nascite risultano pari a 404mila (- 34% rispetto al 2008), mentre i decessi raggiungono il livello eccezionale di 746mila. Ne consegue una dinamica naturale (nascite-decessi) negativa nella misura di 342mila unità. In pratica si registrano 7 neonati e 13 decessi per mille abitanti. Il numero medio di figli per donna è Il più basso dal 2003: 1,24.
Per effetto del forte aumento del rischio di mortalità che ha dato luogo a 746mila decessi (il 18% in più di quelli rilevati nel 2019), la sopravvivenza media nel corso del 2020 appare in decisa contrazione. La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell'anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno. A 65 anni la speranza di vita scende a 19,9 anni (18,2 per gli uomini, 21,6 per le donne).
Il report segnala che in tutte le regioni è stato registrato un abbassamento dei livelli di sopravvivenza: «tra gli uomini la riduzione della speranza di vita alla nascita varia da un minimo di 0,5 anni (vale a dire 6 mesi di vita media in meno) riscontrato in Calabria, a un massimo di ben 2,6 anni in Lombardia». Al Centro-sud si registrano perdite inferiori, prorpio perchè si tratta di regioni meno colpite dagli effetti della pandemia. In Abruzzo, Puglia e Campania, la riduzione di sopravvivenza per gli uomini è di oltre un anno rispetto al 2019. Ma è soprattutto il Nord a pagare il prezzo più alto: oltre che in Lombardia, gli uomini registrano riduzioni rilevanti anche in Piemonte (-1,7 anni), Valle d'Aosta (-1,7), Liguria (-1,6), Trentino-Alto Adige (-1,6) ed Emilia-Romagna (-1,5). Per le donne nelle regioni del Centro-sud si riscontrano variazioni più contenute, minime in Calabria e Basilicata (-0,3 anni) così come nel Lazio e in Campania (-0,4). Si tratta comunque di perdite importanti, dell'ordine dei 3-5 mesi di speranza di vita in meno, ma di certo non paragonabili ai 2 anni pieni persi dalle donne in Lombardia o ai 2,3 anni persi in Valle d'Aosta, dove si riscontra la condizione più critica.
Il report Istat esamina le province più colpite. In quella di Bergamo per gli uomini la speranza di vita alla nascita è più bassa di 4,3 anni rispetto al 2019. Le province di Cremona e Lodi registrano entramne 4,5 anni in meno. In queste tre specifiche realtà sono ingenti anche le variazioni riscontrate tra le donne: -3,2 anni per Bergamo e -2,9 anni per Cremona e Lodi. Nella provincia di Piacenza si registrano riduzioni della speranza di vita alla nascita nella misura di 3,8 e 2,8 anni, rispettivamente per uomini e donne. La perdita di sopravvivenza arriva a superare i due anni per gli uomini anche nelle province di Vercelli, Alessandria e Biella in Piemonte, nelle restanti province lombarde ad eccezione di Monza (che si ferma a -1,7 anni) e nelle province di Pordenone, Parma e Pesaro-Urbino. Nel Mezzogiorno le sole province con un calo della speranza di vita superiore ai due anni sono Foggia ed Enna. Per le donne, meno aggredite dalla mortalità della pandemia, sono molte meno le province con una simile portata di riduzione. Tra queste, oltre a quelle citate sopra, rientrano quelle lombarde di Brescia e Lodi. Flussi migratori con l’estero frenati: il saldo è di +79 mila, pari a 1,3 per milleabitanti, la metà del 2019.
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