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Milano, il trend demografico dal record al mini-declino

Written by Corriere della Sera.

MilanoArticolo del Corriere della Sera.

Dodicimila residenti in meno da febbraio a oggi: dall’incubo Covid la città si svuota di duemila abitanti al mese. Il tema interessa tutto il mondo: le metropoli che si spopolano sotto il colpi della pandemia e dello smart working. Però a Milano fa un altro effetto. L’ultimissima rilevazione anagrafica dice che i residenti sono ora 1.394.194. Dopo la lunga decrescita post-industriale che aveva portato la capitale del Nord a perdere quasi mezzo milione di abitanti in un ventennio (da 1,7 a 1,2 milioni), era iniziata negli anni Dieci la lenta risalita, diventata boom negli anni di gloria del dopo Expo, quelli di Milano «place to be». Una città che cresceva, si arricchiva, cambiava volto, attraeva energie e quindi nuovi abitanti. Esattamente un anno fa il sindaco Sala era a celebrare l’abitante numero 1.400.000: un giovane avvocato arrivato da Catania.
A febbraio, poi, ecco l’ultimo scampolo di grandeur con la certificazione del nuovo picco: 1.406.057 residenti ufficiali. Il coronavirus, una strage da 2.200 mila morti solo in città, ha spezzato, tra le tante altre cose, ogni velleità di rincorsa a nuovi primati anagrafici. Il primo campanello d’allarme, in questo senso, era suonato a metà luglio con la rilevazione riportata da Repubblica che avvertiva che si era di nuovo tornati sotto quota 1,4. Colpa appunto della pandemia. Ma il crollo registrato da luglio in avanti, quattromila milanesi in meno in soli due mesi, non può invece essere attribuito a un saldo naturale negativo legato alle morti da Covid. È chiaro che si tratta di una nuova fase, di una città che alla ripresa delle normali attività di settembre non ha ritrovato tutti gli abitanti che aveva lasciato prima dell’estate e della quarantena. Qualcuno è tornato al Sud, qualcuno è «contromigrato» all’estero. Perché il piccolo boom demografico vissuto da Milano si doveva proprio alla capacità d’attrazione che la città aveva saputo esercitare nel quinquennio d’oro post 2015. In altre parole, il saldo naturale di Milano, anche negli anni felici tra l’Expo e il Covid, è sempre stato negativo - col numero di morti che superava largamente quello delle nascite - ma la città-sanguisuga aveva saputo in compenso richiamare nuove energie dalla Brianza come da Napoli, da Roma come dal resto della Lombardia e persino dall’estero. Milano era cresciuta grazie alla capacità di attrarre da fuori. Un dato lo testimonia: nel decennio 2010-2019 Milano ha calamitato 533.210 abitanti «cedendone» in cambio 357.365. La differenza tra «arrivi» e «partenze» è stata in pratica di 175.845 nuovi residenti.
L’effetto calamita s’è bruscamente interrotto. Lo stesso Beppe Sala va ripetendo che per tornare a quello che si era ci vorranno «minimo 2-3 anni». «La città sta pagando un prezzo alto, perché è caduta dall’alto ma ha le capacità per venirne fuori, ha avuto 2.200 morti a causa del Covid», ha detto ad agosto il sindaco: «Alcuni dicono che è in crisi ma quando un modello è basato su qualità e valori una formula la trova. Lavoreremo sulla potenza delle università, sui giovani, sulla cultura, sulla collaborazione pubblico e privato, la solidarietà. Questi valori non si sono persi e il Comune deve ascoltare e proporre una formula che possa tracciare il futuro».
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