La fuga degli italiani all’estero

Se si guarda ai numeri del 2019, ovvero alla vigilia di quell’emergenza sanitaria Covid-19 che nei mesi più critici dell’anno successivo ha avuto tra le conseguenze anche la chiusura delle frontiere tra i paesi colpiti, il dato che emerge dalla lettura della XV edizione del “Rapporto italiani nel mondo 2020” della Fondazione Migrantes è che il flusso di italiani che lasciano il paese per andare a vivere e lavorare all’estero non si vuole arrestare. Nel solo 2019 hanno registrato la loro residenza fuori dei confini nazionali, per solo espatrio, 130.936 connazionali (+2.353 persone rispetto all'anno precedente). Il 55,3% (72.424 in valore assoluto) sono maschi.
Il Governo risponda al disagio ma l'opposizione collabori con comportamenti responsabili

Ringrazio il Ministro dell’Interno per aver sottolineato, all’inizio del suo intervento, l’impegno del Governo e le cose già fatte dal Governo per impedire che la criminalità organizzata possa avvantaggiarsi della crisi, sfruttando la crisi per l’usura, per acquisire locali e per costruire consenso sociale.
Chiedo, innanzitutto, al Ministro di esprimere tutta la nostra vicinanza e la nostra solidarietà agli operatori delle forze dell’ordine che, in questi giorni, sono impegnati a difendere le nostre città ma, soprattutto, il diritto a manifestare delle persone perbene; sapendo che stanno affrontando con misura e attenzione le violenze di piazza, cosa che comporta non solo i rischi consueti ma, in questa fase, anche il rischio di contagio.
9000 persone impoverite dal lockdown a Milano

Sono quasi 9mila gli impoveriti dall'emergenza Covid19 che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas Ambrosiana nelle diocesi di Milano nei tre mesi del lockdown. Le donne sono il 59,3%, gli immigrati il 61,7%. La fascia di età maggiormente rappresentata è quella tra i 35 e i 54 anni (58,4%). La maggioranza (55%) è costituita da coniugati, da persone con bassa scolarità (62,9%). I disoccupati rappresentano il 50%, gli occupati il 34%.
A pagare il prezzo più alto del lockdown, secondo il rapporto della Caritas sulla povertà nella diocesi, sono stati i più poveri: quasi una persona su due (il 42,3%) tra le persone che sono ricorse ai centri di ascolto nei tre mesi della quarantena ha sofferto le conseguenze del blocco delle attività economiche.
Con il decreto Ristori proteggiamo le attività produttive

Con il decreto Ristori il governo ha messo “una cintura di sicurezza” alle attività produttive per tenere sotto controllo la situazione. Ma nessuno può prevedere cosa succederà il 24 novembre, quando dovrebbero terminare le restrizioni dell’ultimo Dpcm. Il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, in una intervista a La Stampa si dice convinto che il quadro delineato con la Nota di aggiornamento al Def regga: “Il nostro non è un ottimismo astratto, è un’analisi lucida”, però ammette: “Di fronte a un possibile lockdown è chiaro che avremmo un drastico peggioramento con un appesantimento del deficit e la caduta del Pil”. Poi spiega perché le stime della Nadef sono ancora valide.